(Storia dell’evoluzione degli osservatori)

A partire dagli anni ’90 la Commissione Europea ha supportato con vari progetti lo sviluppo, il testing e la messa in posa di osservatori sottomarini multidisciplinari che potessero monitorare parametri geofisici, oceanografici e chimici a profondità abissali. 

Lo sviluppo di osservatori sottomarini di fondo mare, ha richiesto e richiede tuttora il superamento di importanti sfide tecnologiche legate alle difficili condizioni in cui l’osservatorio deve operare, così come ai complessi aspetti logistici connessi con la deposizione e recupero a grandi profondità di tali oggetti. Inoltre il mare è anche altamente corrosivo per la strumentazione installata per un lungo periodo, quindi accorgimenti ad hoc vanno messi in atto per salvaguardare la loro funzionalità così come deve essere garantita la loro operatività alle temperature e pressioni presenti alle profondità di deposizione.

La realizzazione e l’installazione di osservatori sottomarini profondi costituisce un aspetto essenziale/fondamentale per raggiungere un monitoraggio continuo a fondo mare in un punto definito complementando così la caratteristica principale delle più tradizionali metodologie di misure in mare come quelle basate su navi, gliders che forniscono serie temporali di dati spazialmente distribuiti, ma limitate nella scala temporale perché in continuo movimento.

Qui di seguito viene riportata una breve descrizione delle sfide, delle evoluzioni, e dei cambiamenti che hanno coinvolto i vari osservatori sottomarini prodotti dal nostro gruppo. 

Il primo progetto finanziato dalla Commissione Europea è il Progetto GEOSTAR (GEophysical and Oceanographic Station for Abyssal Research, 1995-1998). Esso portò allo sviluppo del primo prototipo di osservatorio sottomarino alimentato autonomamente, tramite delle batterie, in grado di eseguire misure geofische, geochimiche e oceanografiche per un lungo periodo di tempo, mesi. 

Tale osservatorio chiamato proprio GEOSTAR è caratterizzato da soluzioni tecnologiche originali ed innovative tra le quali:

  • un frame aperto e leggero costituito da una lega non magnetica (3,5m x 3,5m x 3,3m);
  • dispositivi attivi per la distribuzione di specifici sensori (come il sismometro e il magnetometro);
  • un sistema dedicato all’acquisizione dati e alla gestione della missione, basato su hardware personalizzato a basso consumo;
  • capacità di operare in modo autonomo, includendo la gestione della potenza e l’autodiagnostica della varia strumentazione;
  • possibilità di riconfigurare l’assetto degli strumenti per soddisfare in modo appropriato le richieste delle differenti missioni e siti di deposizione;
  • lo sviluppo di un dedicato veicolo per la deposizione ed il recupero dell’osservatorio.


L’installazione di varia strumentazione all’interno del frame ha diversi vantaggi; in primis permette di organizzare una singola operazione per la deposizione (e successivo recupero) invece di dover deporre uno strumento alla volta. Questo fa sì anche di avere misure prese tutte da un unico punto. Inoltre, grazie al peso del frame e della stessa strumentazione è garantita la stabilità di tutto il sistema a fondo mare, aumentando così anche l’affidabilità delle misure.

 Nel corso delle varie missioni, 6, in cui è stato deposto GEOSTAR la sua formattazione scientifica è stata di volta in volta ottimizzata in funzione delle finalità della missione e delle caratteristiche del sito di deposizione. Particolare attenzione è stata via via posta anche nell’arrangiamento della strumentazione sul frame per rispettare le singole specifiche di operatività e minimizzare parallelamente le possibili interferenze fra i differenti strumenti. 

Durante le ultime due missioni, GEOSTAR è stato dotato di un sistema per l’individuazione degli tsunami e vi è stato applicato un originale algoritmo concepito ed implementato da INGV, IRA-INAF (Istituto Nazionale di AstroFisica – Istituto di RadioAstronomia) e dal CNR-ISMAR (Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di scienze MARine) in grado di evidenziare il passaggio di onde tsunamogeniche di pochi centimetri. L’algoritmo e’ stato successivamente reso operativo nell’installazione nel sito Western Ionian Sea.

 GEOSTAR è sempre stato configurato per lavorare in near real time connection, cioè con accessibilità remota tramite telemetria acustica subacquea e una boa, agente come staffetta, ormeggiata nelle vicinanze dell’osservatorio e collegata alla stazione di terra via radio o satellite. Tale boa ha limitata capacità in termini di quantità e di larghezza di banda di trasmissione a causa delle caratteristiche della telemetria acustica, ecco perché si parla di near real time connection.

Fin dalle prime missioni furono evidenti le potenzialità di esplorazione che avrebbe consentito un osservatorio del genere e così parallelamente a GEOSTAR furono sviluppati altri due osservatori multiparametrici; SN1 per estendere a mare la rete sismica italiana, e SN2 per testare l’applicabilità di tali sistemi per il monitoraggio in ambiente polare. Le soluzioni tecniche sviluppate per entrambi gli osservatori portarono all’ottimizzazione delle caratteristiche di GEOSTAR che resero gli osservatori più facilmente gestibili. Fu sviluppato:

  • un frame più piccolo che utilizzasse le stesse procedure per la deposizione e recupero tramite cavo e verricello;
  • un nuovo pacchetto di batterie che fu inserito in un contenitore più piccolo (20 cm di diametro);
  • un nuovo sistema di acquisizione e dell’elettronica per la gestione della missione. Tale sistema fu incorporato in un contenitore di 15 cm diametro.

SN1, realizzato sotto il Programma del GNDT (Italian National Group for Defence against Earthquakes) ed implementato successivamente sotto il progetto europeo ESONET NoE è stato deposto in tre differenti missioni negli abissi del Mar Ionio ad una ventina di chilometri dalla costa orientale della Sicilia ad una profondità di poco più di 2000 m. L’area di deposizione è all’interno di un’area sottomarina caratterizzata da strutture sismogenetiche importanti, tra cui la più importante è la struttura Ibleo-Maltese considerata la responsabile dei più disastrosi terremoti della zona (Catania, 1693, e Messina, 1908). 

 Durante la sua prima missione SN1 era configurato in modo da essere alimentato in modo autonomo, cioè era fornito di batterie che alimentavano sia i sensori che il sistema di registrazione dei dati. Durante la missione sono stati collezionati dati (sismici, gravimetrici ed ambientali) di alta qualità dimostrando quindi la corretta funzionalità dell’intero sistema di gestione dell’osservatorio stimolando così un ulteriore aggiornamento di SN1 per renderlo un osservatorio cablato. Nella sua seconda missione SN1 è stato testato in modalità continua collegandolo all’estremità nord di un cavo in fibra ottica dell’INFN (grazie ad un accordo tra INGV e INFN) che si estende per 25 km circa al largo del porto di Catania. Il cavo termina a terra presso i Laboratori Nazionali del Sud, dove risiede anche la stazione a terra di SN1. Questa versione di SN1 fu implementata per essere alimentata, monitorare e trasmettere dati alla stazione a terra in continua senza eliminare però il sistema di batterie che doveva subentrare nell’alimentazione in modo automatico al verificarsi di una perdita di potenza da parte della fibra ottica e consentire in tal caso la memorizzazione dei dati in locale. SN1 operò in modo soddisfacente per l’intera missione (durata circa 3 anni) e fu con successo integrato alla Rete Sismica Nazionale Italiana.

Grazie al successo delle missioni appena descritte, il sito di deposizione di SN1 fu selezionato per diventare uno delle piattaforme osservative sottomarine dell’Infrastruttura di Ricerca Europea EMSO (European Multidisciplinary Seafloor and water column Observatory) che mira al monitoraggio a lungo termine dei processi ambientali marini connessi con gli ecosistemi, il cambiamento climatico ed i rischi geologici. A tal fine SN1 fu quindi ulteriormente implementato:

  • eliminando il sistema di supporto delle batterie, vista l’affidabilità del cavo in fibra ottica sia per la potenza che per la trasmissione dei dati;
  • per supportare un set completo di sensori per misure sismologiche, geomagnetiche, gravimetriche, accelerometriche, oceanografiche, idro-acustiche e bio-acustiche.

Fu installata presso il Laboratorio Nazionali del Sud dell’INFN nel porto di Catania una nuova stazione a terra, con il sistema di acquisizione, l’alimentazione per la strumentazione subacquea e l’antenna GPS necessaria per la sincronizzazione delle misure eseguite.

Il successivo progetto MABEL (Multidisciplinary Antartic BEnthic Laboratory) aveva l’obiettivo di sviluppare ed operare misure multidisciplinari in modo continuo e per molto tempo nelle gelide acque dell’Antartide. Questo perché aumentare le conoscenze sullo stato delle regioni polari e dei fenomeni che vi avvengono è importante per aumentare la comprensione delle condizioni, delle dinamiche dell’intero pianeta. Vista l’ostilità dell’ambiente polare, furono fatti molti sforzi per assicurare l’operatività della strumentazione nelle condizioni estreme artiche e per ridurre il più possibile il consumo di potenza. Tali sforzi che portarono allo sviluppo di SN2 che nel 2002 fu deposto presso Hamburg Large Ice Model Basin, e questo test dimostrò la capacità per l’osservatorio di lavorare in condizioni estreme. 

Nel 2005 fu quindi installato a circa 65 km dalla stazione a terra presso Neumayer German Station a 1800m di profondità circa. Dopo un anno di operatività il primo tentativo di recupero dell’osservatorio fallì a causa delle condizioni metereologiche avverse. L’interrogazione via acustica sullo stato di operatività di SN2 dimostrò, come ci si aspettava, che fosse in self control. Nel dicembre del 2008, una nuova missione di recupero fu organizzata e SN2 fu recuperato con successo. Questa missione dimostrò come le condizioni polari siano critiche per l’operatività di alcuni sensori scientifici commerciali ma tale criticità può essere risolta eseguendo una più attenta selezione e certificazione della strumentazione.

Estendere la copertura spaziale di monitoraggio degli osservatori sottomarini, creando una rete di osservatori e conservando il trasferimento in near real time dei dati alla stazione a terra fu l’obiettivo del Progetto ORION-GEOSTAR 3 (2002-2005). L’osservatorio SN3 fu così implementato, con la stessa architettura e dimensione di SN1 e SN2 ma in modo tale che operasse come satellite dell’osservatorio GEOSTAR. Il sistema di comunicazione acustica fu rimodulato, affinché SN3 inviasse orizzontalmente i dati a GEOSTAR il quale a sua volta li avrebbe trasmessi alla stazione a terra tramite la boa. SN3 è stato configurato in modo tale che potesse inviare le forme d’onda del sismometro o dell’idrofono anche a seguito di interrogazione specifica proveniente dalla stazione a terra.

 Il progetto ORION-GEOSTAR 3 oltre a SN3 prevedeva l’utilizzo di un altro osservatorio gemello, SN4. Quest’ultimo, sotto richiesta della Commissione Europea, fu utilizzato nell’ambito di un altro progetto, ASSEM, che doveva testare e dimostrare la fattibilità di una rete di osservatori sul fondo del mare, che comunicassero con la superficie tramite modem acustici e che trasmettessero pacchetti di dati durante la loro operatività ad un dedicato server per consentire il monitoraggio del geo-hazard marino. SN4 fu riconfigurato in modo tale da poter essere deposto e recuperato mediante l’ausilio di un cavo e un sistema di rilascio acustico, poiché il sito di deposizione non consentiva l’utilizzo di MODUS. SN4 fu implementato anche per rispondere ad interrogazioni per verificare l’integrità del sistema e recuperare i dati rilevanti. La strumentazione a bordo del frame dell’osservatorio fu organizzata in funzione degli obiettivi scientifici delle missioni. Una sua prima applicazione fu nel 2005 nel Golfo di Corinto, dove fu inserito nella rete già presente per il monitoraggio dell’estensione del bacino. L’obiettivo di SN4 era di completare il monitoraggio della zona dal punto di vista sismologico. Tre successive applicazioni, vedono SN4 coinvolto nel Mar di Marmara dove però il frame fu arricchito con sensori oceanografici e di gas con l’obiettivo di definire eventuali correlazioni tra terremoti locali o distanti e l’emissione di fluidi nella zona di cui già ce n’era evidenza.

 Dal 1995 al 2013 sono state quindi eseguite ben 15 missioni, con deposizioni fino a profondità di 3300 metri circa e di durata variabile fino ai 3 anni e mezzo. Le sfide tecnologiche vinte, i risultati scientifici ottenuti hanno confermato la validità nell’utilizzare gli osservatori sottomarini profondi per avanzare nella comprensione dei fenomeni che avvengono in ambiente oceanico.

Tutta l’esperienza maturata in questi anni, hanno fatto sì che SN1 con l’infrastruttura ad esso associata, diventasse parte dell’Infrastruttura di ricerca europea EMSO – European Multidisciplinary Seafloor and water column Observatory - con il nome di Western Ionian Sea. 


Per una lettura più dettagliata sui vari osservatori sottomarini sviluppati nel tempo si rimanda alle seguenti pubblicazioni:

 

 
GEOSTAR Dicembre2003 Fig2Osservatorio multiparamentrico GEOSTAR pronto per essere deposto, dicembre 2003.
GEOSTAR Assemblaggio Fig3Osservatorio multiparamentrico GEOSTAR in fase di assemblaggio.
Boa Geostar FIG4
Boa per il trasferimento in quasi real time dei dati alla stazione a terra.
SN1 Sicilia NauticalTide Fig5
SN1 recuperato a bordo della Nautical Tide dopo una missione al largo della Sicilia Orientale a circa 2000 m di profondità..
SN2 Antartide Fig6
Recupero dell’osservatorio SN2 a Weddell Sea, Antarctica.
GEOSTAR SN3 Tirreno2004 Fig7Gli osservatori multiparamentrici GEOSTAR (a sinistra) ed SN3 (a destra) pronti per essere deposti nel Tirreno meridionale nel 2004
SN4 Marmara 2013. Fig8
SN4 nella sua configurazione per essere deposto nel Mar di Marmara,nel 2013.